recensione pubblicata su www.ondacalabra.it
Sguardo assorto, voce flebile, inglese fluente corredato da una
pronuncia che tradisce la provenienza da una terra diversa. È questo,
oggi, il regista Roman Polanski, ritratto dalla macchina da presa dello specialista del ‘making of’ Laurent Bouzereau che con il suo Roman Polanski: a film memoir, presenta un documentario sulla vita del cineasta polacco.
Il film, proiettato oggi in anteprima al cinema Eden di Roma, è stato
inserito nella selezione ufficiale del Festival di Cannes ed uscirà
nelle sale italiane domani – 18 maggio 2012. La storia di Polanski
scorre sullo schermo con l’ausilio di filmati d’epoca, fotografie,
immagini tratte dai telegiornali e soprattutto dalle sue opere: dalle
più famose come Il Pianista, Frantic e Tess, alle meno conosciute
soprattutto dal pubblico dei più giovani. Fra queste Cul-de-sac, Repulsion, e il primo lungometraggio Il coltello nell’acqua.
Quest’ultimo, completato nel 1962, dopo essere stato ampiamente
osteggiato dal governo del paese natale di Polanski, fu apprezzato a
Londra, Parigi e Monaco e valse al giovane Roman i primi riconoscimenti
dopo gli studi alla scuola di cinema di Łódź. Oltre ai contributi
esterni, la storia di questo brillante quanto sfortunato artista viene
raccontata in un dialogo fra Polanski stesso ed il suo amico e
collaboratore Andrew Braunsberg, produttore, fra gli altri, del film.
Gli incontri sono stati registrati nella casa di Gstaad, in Svizzera,
dove Polanski nel 2009 ha scontato gli arresti domiciliari dopo essersi
dichiarato colpevole di aver intrattenuto un rapporto sessuale con una
minorenne. La notizia, risalente al 1977, fece molto scalpore,
soprattutto perché si parlò anche di un conflitto d’interessi da parte
del giudice che presiedeva la causa. La questione fu infatti affrontata
da un altro documentario dedicato al regista, Roman Polanski: wanted and desired, realizzato nel 2008 dalla regista Marina Zenovich.
Il documentario di Bouzereau non propone alcun tipo di assoluzione ma
riporta anche dichiarazioni della vittima Samantha, oggi diventata
mamma, che confessa quanto l’ossessione della stampa per il caso le
abbia rovinato l’esistenza forse più dell’esperienza in sè.
Non viene dimenticato, ovviamente, l’omicidio perpetrato dalla setta
di Charles Manson nel 1969 e che vide fra le vittime anche Sharon Tate,
all’epoca moglie di Polanski, al nono mese di gravidanza. Il regista e
Braunsberg ricordano insieme il momento in cui arrivò la telefonata da
Los Angeles nello studio di Londra, dove entrambi stavano lavorando alla
sceneggiatura del film Il giorno del delfino…
Crediamo che forse maggior risalto si sarebbe dovuto dedicare anche
al Polanski artista, forse togliendo un po’ di spazio ad una lunga prima
parte concentrata sulla drammatica infanzia trascorsa nel ghetto di
Varsavia. Ci sarebbe piaciuto ‘spiare’ un po’ di più il genius at work oppure
avere la possibilità di conoscere particolari, aneddoti specifici e
perché no, anche ‘tecnici’ sul Polanski regista. Efficacissima la scelta
di intervallare il racconto della vita del regista bambino e scioccato
di fronte agli orrori del nazismo a sequenze e meravigliose fotografie
tratte dal film Il Pianista, un lungometraggio che scopriamo
ricco di riferimenti alla vera e traumatica esperienza del piccolo
Polanski e di tanti che, insieme a lui, furono costretti a vivere una
fra le più terribili pagine della storia.
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